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Falkland - Puerto Williams, Dicembre 2002
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Le mappe del viaggio


Un viaggio fuori dall'ordinario nell'emisfero australe: dall'arcipelago delle Malvine fino a Puerto Williams

Testi e foto di Giovanni Acquarone
Adattamento di Pierfrancesco della Porta


Verso la fine di ottobre dello scorso anno, davanti al Monte Bianco coperto dalle prime nevi, Bertrand, che è anche guida alpina, ci parlava della sua prossima partenza per le Falkland, dove intendeva mettere a punto "Baltazar", il suo Damien II di acciaio, prima di trasferirlo nel canale di Beagle, a sud della Terra del Fuoco, per la prossima stagione di charter nei mari australi.

Bertrand, skipper in un paio di spedizioni di Oceani 3000 a Capo Horn, aveva notato il nostro malcelato entusiasmo e dopo qualche settimana da quell'incontro ha invitato di sorpresa Davide e me ad accompagnare lui e Siv, sua moglie, nel viaggio verso Beagle.

Con poche settimane di tempo, organizzare il viaggio aereo a prezzi ragionevoli non è stato semplice, ma con l'aiuto di una piccola agenzia di viaggi molto efficiente sono riuscito a ottenere i biglietti e le prenotazioni per i trasporti e gli alberghi locali, mentre quelli delle Falkland li abbiamo sistemati poi via Internet durante il viaggio.

Arrivare a Stanley, la "capitale" delle Falkland, è piuttosto complicato perché si deve passare per il Cile andando fino alla cittadina di Punta Arenas (circa centomila abitanti), sullo Stretto di Magellano. Con una sosta di una notte a Santiago del Cile, di cui vale la pena di visitare almeno il piccolo ma bellissimo museo di arte precolombiana, abbiamo infatti impiegato tre giorni pieni.

Se si è fortunati con il tempo, le immagini aeree delle pianure brasiliane e argentine e dell'immensa catena delle Ande sono già uno spettacolo, soprattutto nella parte meridionale del Cile a sud di Puerto Montt, dove la costa comincia a frastagliarsi.
Lo Stretto di Magellano somiglia a un enorme lago chiuso tra rive sorprendentemente basse e durante i nostri passaggi, sia all'andata che al ritorno, era calmo e splendente, a parte alcune raffiche isolate e rabbiose che ne imbiancavano qua e là la superficie.

Dall'aeroporto militare di Stanley il pullman ci ha portato in poco più di un'ora fino alla città, sotto una pioggia fitta e gelata, tra campi minati a permanente ricordo della guerra con l'Argentina.
Stanley è una gradevole cittadina, in cui abitano poco più di millecinquecento persone, distesa sul lato sud di un basso fiordo completamente protetto dal mare e cosparso di relitti di navi a vele quadre che nell'Ottocento venivano spesso abbandonate perché dichiarate inadatte a un recupero dopo esser state malmenate tentando di passare Capo Horn.

La mattina dopo, domenica, alle otto, un volo interno con un piccolo bimotore rosso e un tempo ventoso, ma chiaro, ci ha posato insieme alle nostre provviste sulla torba dell'isola di Weddell, dove ci attendeva Baltazar, che stava lì da sei mesi piantato nel fango della piccola baia interna di Gull Harbour, dove si alzava e abbassava regolarmente con i ritmi della marea.
Salire a bordo camminando sul fondo del mare sarà un'esperienza normale per i Bretoni, ma per noi è stato un entusiasmante benvenuto in un mondo a parte.

I tre giorni passati a Weddell sono stati un'immersione tra la natura e gli animali selvatici, soprattutto uccelli, che vivono qui da tempo indisturbati.
Oche, Anatre e Pinguini di diverse specie, Gabbiani del kelp, Aironi, Beccacce di mare australi, Cormorani, Pivieri, Fringuelli delle Falkland e Berte giganti, Falconi e Avvoltoi ci circondavano da ogni parte privi di timore.

Potevamo passeggiare per tutta la giornata lungo le spiagge disseminate di ossa di balena e contornate dalla tipica erba alta delle isole australi, il "tussock", o esplorare l'interno coperto da ginestre in fiore importate dalla Scozia senza stancarci dello spettacolo.
Il tempo era migliorato e il vento forte da Ovest e Sud Ovest non ci disturbava più di tanto. L'estrema limpidezza e purezza dell'aria consentivano di vedere chiaramente le coste di West Falkland distendersi all'orizzonte verso nord.
Nei punti in cui gli scogli emergevano dal fondale di sabbia, l'acqua del mare era coperta dal "kelp", un'alga che è una vera pianta lunga anche più di cinquanta metri che sale in superficie distendendosi lungo la direzione della corrente e copre il mare con grandi chiazze insormontabili dalle imbarcazioni.
L'isola di Weddell, grande all'incirca come l'Elba, ha oggi solo tre abitanti fissi, ingaggiati per gestire un piccolo albergo, utilizzato principalmente per le vacanze dei militari di stanza a Stanley.

Il mercoledì, terminata la messa a punto di Baltazar, pronti per salpare a motore (perché il vento era nel frattempo quasi completamente cessato), abbiamo percorso uno dei numerosi labirinti di isole e scogli fino a Beaver Island, residenza del famoso Jerome Poncet, eroe del Damien e profondo conoscitore delle acque australi.

Visitare la sua casa, al momento deserta ma completamente aperta a qualunque visitatore di passaggio, è stata un'esperienza insolita, possibile solo in posti come questi, dove nessuno può arrivare senza essere conosciuto dai militari, che ci hanno seguito nella nostra navigazione coi radar dei caccia dopo averci sorvolato e salutato oscillando le ali.

Su Beaver Island abbiamo avuto anche l'emozione di un incontro ravvicinato con un grosso maschio di leone marino, per fortuna più sorpreso e spaventato di noi.
Il giorno dopo, ancora a motore, atterriamo a New Island, la più occidentale delle Falkland, passando accanto ai Colliers, faraglioni isolati attorno ai quali il mare ribolle per le correnti di marea anche col tempo calmo.

Nell'isola vivono e si riproducono immense colonie miste di Pinguini, Cormorani e Albatros eccezionali dal punto di vista naturalistico. Abbiamo ottenuto dai proprietari il permesso di visitare le colonie più accessibili, permesso che normalmente viene concesso solo agli scienziati, e abbiamo trascorso tutto il pomeriggio sul ciglio delle alte falesie che fronteggiano l'Atlantico davanti all'Argentina, a poche decine di centimetri dagli uccelli in cova, senza osare avvicinarci di più per il timore di disturbarli.

Le colonie sono ora molto ridotte rispetto a qualche anno fa e proprio in quei giorni si era verificata un'insolita moria di alcune specie di uccelli di cui si vedevano le carcasse sparse lungo le coste. Gli scienziati ne attribuiscono le cause alla sovrappopolazione ed alla presenza di alghe tossiche.
La brezza leggera favoriva il volo degli Albatros lungo il ciglio della falesia, dove siamo rimasti ore semplicemente a guardarli planare, fitti più delle rondini la sera che facevano la spola tra i nidi e il mare, mentre una leggera onda lunga da Ovest muoveva il kelp sotto di noi.

Ci siamo allontanati a malincuore, ma l'ora ormai imponeva il ritorno a Baltazar, in vista della partenza del giorno successivo per il Sud.
L'indomani, se possibile, il tempo era ancora migliore del giorno prima e le previsioni incredibilmente calme. Scortati da un paio di delfini ci siamo allontanati a motore dall'ancoraggio, risolto un piccolo problema al verricello dell'ancora, per uscire definitivamente dalle Falkland.

Passiamo tra la Strong Tide Point e le Seal Rocks. La punta tiene fede al suo nome. L'agitazione del mare intorno alle Seal Rocks è incredibile: se ieri eravamo stati impressionati passando vicino ai Colliers oggi avremmo potuto essere terrorizzati! La corrente di marea alza onde ripide e frangenti alte fino a tre metri, che si prolungano in oceano aperto per diverse miglia come se fosse un fiume cosparso di rapide.

Fuori da questo pentolone ribollente issiamo finalmente le vele per affrontare di bolina le duecento miglia che ci separano dall'Isola degli Stati e dal famigerato Stretto di Le Maire. Il vento è da Ovest e non supera i venti nodi, consentendoci di usare la velatura piena.
Bertrand afferma che è la prima volta che fa questo viaggio in condizioni così favorevoli. Io sono un po' combattuto tra la delusione di mancare l'esperienza di una delle famose tempeste del sud Atlantico e il sollievo di una navigazione tranquilla.

Albatros, Piccioni del Capo, Cormorani e Procellarie ci accompagnano per una sessantina di miglia, poi spariranno quasi completamente.
Viaggiamo con il pilota automatico, che con il vento così costante tiene benissimo la rotta. La barca è molto equilibrata e il mare ha solo le lunghe ondulazioni permanenti dell'oceano.

Il cielo è terso e noi quattro ci susseguiamo nei turni, bastando di vedetta uno solo per volta. La notte è spettacolosa, con le stelle australi che bucano letteralmente il cielo, tranne che a Sud dove il riflesso del sole quasi estivo sull'immensa calotta glaciale illumina l'orizzonte come se fosse sera. Dietro di noi una scia luminosa ci accompagna per tutta la notte.

Il giorno successivo è ancora più calmo, tanto che percorriamo a motore le ultime miglia di avvicinamento all'Isola degli Stati sotto una cappa di nubi che, ci viene detto, staziona quasi permanentemente sull'isola.
L'arrivo all'Isola è stata una delle più notevoli avventure della mia vita in mare. Assistiti da una calma eccezionale entriamo a mezzanotte a Puerto Hoppner sulla costa Nord con l'aiuto del radar, senza carte dettagliate e con il solo ricordo di una visita precedente di Bertrand.

A due o tre metri dalle rocce a picco sul fondo della baia ancora non riusciamo a vedere il passaggio largo pochi metri che conduce alla parte interna della baia, riparatissima e nascosta agli sguardi indiscreti. Finalmente si scorge un possibile piccolo passaggio nel quale ci inoltriamo lentamente contro la corrente uscente, anche se non sembra quello giusto. Pochi metri e la chiglia mobile di Baltazar si rivela preziosa perché ci areniamo su un bassofondo roccioso. Superato l'ostacolo entriamo nel lago interno, ormai consci che il passaggio giusto era dall'altra parte dello scoglio che ce ne aveva nascosto l'imboccatura.

Nel buio più buio che io abbia mai incontrato procediamo verso un ulteriore piccolo recesso, anch'esso protetto da scogli e rocce sommerse contro le quali talloniamo una seconda volta, prima di gettare l'ancora quasi alla cieca e tendere quattro cime a terra legate ai faggi sulle rive. La mattina, piovosa e nebbiosa, ci vede esplorare un breve tratto dell'interno fino a un lago con l'acqua resa di color cioccolato per il tannino, sulle rive del quale ci fermiamo ad assaporare la solitudine e l'unico lontano rumore di una cascata che precipita dalle cime innevate.

Durante il pranzo il cielo si apre completamente e l'aria diventa tiepida. Incoraggiati da Bertrand, che resta in barca a curare Siv che ha contratto una brutta bronchite, saliamo una ripidissima ripa alta circa duecento metri dalla sommità della quale ci viene regalata una vista stupenda del nostro ancoraggio, un posto ideale per pirati, e del fiordo adiacente più profondo e aperto e molto meno spettacolare sede, degli unici tre abitanti dell'isola che prestano servizio nel presidio militare argentino. Tutt'intorno a noi pareti rocciose spruzzate di neve e valli glaciali, mentre avanziamo faticosamente affondando fino ai polpacci nel suolo coperto di muschi e zuppo d'acqua.

Siamo commossi dall'esperienza di essere tra i pochi ad avere l'opportunità di vedere panorami così remoti e selvaggi e sentiamo un reverente rispetto per questa natura così incontaminata e così fragile che cerchiamo di disturbare il meno possibile.
Torniamo da Bertrand che troviamo visibilmente preoccupato: ci sono storie di persone scomparse in trappole naturali nascoste sotto la coltre di muschi e mai più ritrovate.
Il giorno dopo, ancora bellissimo, dobbiamo salpare.

Passiamo eccitati, ma con il cuore triste, il terribile Stretto di Le Maire, sospinti da una corrente favorevole di più di sei nodi e successivamente lottando contro una contraria un po' meno vigorosa, ma anche contro un vento teso che scende dai monti della Terra del Fuoco con rispettabile violenza. Abbiamo preso due mani di terzaroli e a prua issiamo la trinchetta al posto del genoa: per fortuna il mare resta calmo, come può esserlo l'Oceano da queste parti, mentre l'onda lunga da Sud si frange contro le rocce della costa con spettacolari criniere di schiuma soffiate via dal vento.

Ancoriamo la sera in un luogo storico: è il posto dove Gardiner, il primo missionario anglicano a metà dell'Ottocento, perì di fame e di stenti con cinque compagni dopo il fallimento della sua missione presso i Fuegini. Impressionante constatare come la differente preparazione culturale sia stata così perniciosa per i bianchi dove invece i locali sopravvivevano senza particolari sforzi.

Il giorno dopo, persistendo il bel tempo, sbarchiamo sul suolo argentino e, dopo un doveroso omaggio ai luoghi della tragedia, ci godiamo un gustoso barbecue di capretto sulla spiaggia di sassi, come già avevamo fatto anni prima nei pressi di Capo Horn con un tempo ugualmente bello e caldo: siamo davvero fortunati!

Ormai si avvicina il momento dell'arrivo, affrettato dall'indisponibilità cilena (siamo ormai entrati nelle loro acque) a lasciarci far tappa a Puerto Toro, un delizioso porticciolo di pescatori che è l'insediamento permanente più meridionale del mondo e che ricordiamo con nostalgia dal nostro primo viaggio.
Arrivare a Puerto Williams, la base cilena sulla sponda meridionale del canale Beagle e porto di ingresso in Cile è un po' come tornare a casa. Lì ritroviamo gli altri skipper australi e con loro beviamo pisco festeggiando i miei sessant'anni allo Yacht Club Micalvi, eccezionale ambiente internazionale a bordo di un vecchio trasporto militare mezzo affondato che svolge la funzione di molo di attracco e club house alla "Fin del Mundo".

I pochi giorni che ci separano dal nostro ritorno in Italia per Natale sono spesi in partite di pesca alla trota (senza vittime) e passeggiate nell'entroterra, che da sole valgono il viaggio.

Partendo per ripercorrere il lungo volo di ritorno salutiamo con nostalgia per la seconda volta questi posti, sperando in cuor nostro che valga il proverbio e che si possa tornare insieme qui una terza volta.


Le Isole Falkland

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Le Falkland sono un gruppo di isole del Sud Atlantico situate a N della convergenza antartica a circa 300 miglia dalla costa dell'Argentina tra 51° 10' e 52° 20' di latitudine S. Si compongono di più di 200 isole per una superficie totale di più di 12.000 Km quadrati, una volta e mezza la Corsica. La capitale, Port Stanley, è ubicata nell'isola più grande, East Falkland.

Sono state forse scoperte (non ci sono documenti certi) da John Davis, un navigatore inglese, nel 1592, ma il primo avvistamento certo è di un olandese, Sebald de Weerdt.

Dopo il primo sbarco riconosciuto sulle Falkland nel 1690 di una spedizione britannica gli inglesi rivendicano le isole alla Corona e chiamano lo stretto tra le due isole principali col nome di un ufficiale navale inglese, il Visconte Falkland, nome che passò poi a identificare l'intero gruppo di isole.
Il primo insediamento, da parte del navigatore francese Louis-Antoine de Bougainville, avvenne su East Falkland nel 1764 e negli anni successivi una base di pesca francese viene occupata da pescatori di St. Malo, da cui il nome francese "Iles Malouines" e il nome argentino di "Islas Malvinas".

Nel 1765 gli Inglesi si insediano per primi su West Falkland mentre nel 1767 la colonia francese venne ceduta alla Spagna, con l'implicito riconoscimento da parte della Francia dei diritti Spagnoli sulle isole. Da allora queste sono state oggetto di una disputa territoriale, prima tra l'Inghilterra e la Spagna e poi tra l'Inghilterra e l'Argentina, con diverse invasioni successive, incluso un intervento armato degli Stati Uniti nel 1831. L'Inghilterra impose infine con la forza il suo diritto alle isole stabilendovi una guarnigione navale nel 1833.

Dopo il declino dei prezzi della lana gli allevatori di pecore hanno abbandonato quasi tutti i loro insediamenti restituendoli alla natura e sostituendo gli introiti relativi con quelli, molto ricchi, dei diritti di pesca, in attesa di incamerare quelli dei giacimenti petroliferi circostanti ancora in attesa di sfruttamento.


Puerto Hoppner

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Puerto Hoppner è formato da una baia esterna ovale circondata da ripide pareti e protetta verso Nord da alcuni isolotti, assolutamente inutile come riparo per i fondali superiori ai sessanta metri. Uno strettissimo passaggio poco profondo diviso ancora in due da un scoglio dà accesso, quando la marea è in fase di stanca, alla baia interna, a forma di sacco, che nasconde numerosi scogli affioranti a marea bassa.


Lo Stretto di Le Maire

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Lo Stretto di Le Maire, tra l'Isola Grande della Terra del Fuoco, che termina nella Penisola Mitre, e l'Isola degli Stati è largo da 15 a 25 miglia (da Nord a Sud) ed è percorso da una corrente molto forte, soprattutto vicino alla costa Nord della Terra del Fuoco. Là raggiunge la velocità di 8 - 10 nodi e si estende per cinque o sei miglia al largo originando pericolosi marosi di marea, soprattutto col vento e la corrente in direzione opposta.

Venne scoperto all'inizio del 17° secolo, quando Schouten e Le Maire, il 24 Gennaio 1616, a bordo dell'Endracht di 360 tonnellate (la seconda nave, la Hoorn di 100 tonnellate, venne distrutta da un incendio durante il calafataggio a Puerto Deseado, in Patagonia, nel giugno precedente) passarono lo Stretto che chiamarono Le Maire e videro l'Isola, che chiamarono Staatenlant (Terra degli Stati, perché pensavano fosse parte della Terra Australis Incognita, il grande continente che, per motivi di simmetria, si pensava dovesse coprire il Sud del mondo) in onore delle province dei Paesi Bassi che stavano lottando per la loro indipendenza.

Dopo cinque giorni passarono il capo che chiamarono Hoorn (oggi Horn) e aprirono la principale rotta per il Pacifico.
Un altro olandese, Hedrick Brouwed, la costeggiò nel 1643, constatando che era un'isola e non un continente e che le diede definitivamente il nome attuale.

L'Isola è stata visitata saltuariamente dagli indigeni almeno a partire dal 2300 A.C., anche se gli archeologi non credono a una sua occupazione permanente. Gli aborigeni Haush la chiamarono in "yàmana" "Chuanisin" che significa "Terra dell'abbondanza".

L'isola, che appartiene all'Argentina, è lunga 30 miglia circa ed è grande circa il doppio dell'Isola d'Elba e gli unici attuali abitanti sono i militari della guarnigione Argentina situata a Puerto Parry e stabilita lì il 4 dicembre 1978 in occasione della guerra col Cile. Il fiordo è contiguo a Puerto Hoppner, situato immediatamente a Ovest, meno profondo e più articolato circondato da monti alti fino a 830 m..

Sull'isola è raro trovare un giorno di sole. Il clima è ovviamente marittimo. La temperatura media varia da 0°C a 5°C. Il giorni di tempesta sono 73 all'anno. I giorni medi annui di pioggia sono ben 248 ed è normalmente coperta di nubi ed è solita apparire e scomparire alla vista in breve tempo.

E' di aspetto montagnoso e ospita nelle sue valli glaciali più di 120 laghi che scaricano le loro acque in mare con torrenti interrotti da frequenti e spettacolari cascate. Fino a un'altezza di circa 350 metri si incontrano foreste di faggio australe mentre al di sopra vivono solo arbusti e poi licheni e muschi. Per visitare l'Isola è necessario un permesso speciale.


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